martedì 21 ottobre 2008

Fromm - Verso la libertà

 Un invito a conoscere un autore "ispirato"

Erich Fromm - L'arte di vivere 

Incipit

L'idea che l'arte di vivere sia una cosa semplice è relativamente recente. Da sempre sono esistiti individui convinti che per essere felici sarebbe bastato raggiungere il piacere, il potere, la fama e la ricchezza, e che l'unica cosa da imparare non fosse tanto l'arte di vivere quanto il modo per ottenere abbastanza successo da acquisire i mezzi per vivere bene. Eppure, se anche esistevano individui e gruppi che praticavano il principio di un edonismo radicale, tutte le culture avevano maestri di vita e maestri di pensiero. Questi proclamavano che vivere bene è un'arte che va imparata, che imparare quest'arte richiede fatica, dedizione, comprensione, e pazienza, e tuttavia costituisce la cosa più importante da apprendere.
Oggi, invece, coloro che insegnano agli uomini come vivere – gli psicologi, i sociologi, i politici – dichiarano che imparare a vivere è assai semplice, al punto che basterebbe leggere un qualche manualetto della serie "Come fare"! Che cosa ha causato un cambiamento così sorprendente? Come si è giunti a credere che sia facile imparare l'arte di vivere, e che difficile sia solo guadagnarsi i mezzi per vivere?

Citazioni

È un dato di fatto che la maggior parte degli uomini siano oggi impiegati o simili di livello più o meno alto, che fanno ciò che qualcuno dice loro di fare o che è imposto dalle regole, evitando di provare sentimenti, perché i sentimenti disturberebbero il funzionamento armonico della macchina. Il tratto distintivo di ogni società industriale è il suo corretto funzionamento, giacché ogni intoppo, ogni frizione nel meccanismo della macchina è uno spreco di denaro. Così gli uomini devono esercitarsi a provare quante meno emozioni sia possibile, perché le emozioni costano denaro.
Gli idoli dell'uomo moderno avido, alienato sono la produzione, il consumo, la tecnologia, lo sfruttamento della natura. [...] Quanto più ricchi sono i suoi idoli, tanto più l'uomo si impoverisce. Invece della gioia egli va in cerca di piacere e di eccitamento; invece di crescere cerca possesso e potere; invece di essere, egli persegue avere e sfruttamento; invece di ciò che è vivo sceglie ciò che è morto. (p. 105)
Il modo di produzione del sistema capitalistico ha trasformato l'uomo in una creatura ansiosa e alienata. (pp. 74)
Nella modalità dell'avere, quella occupata dalla grande maggioranza delle persone, l'idea sottesa all'affermazione "io sono io" è "io sono io perché ho X", intendendo con X tutti gli oggetti naturali e le persone con le quali istituisco un rapporto tramite il mio potere di controllarli, di farli permanentemente miei. Secondo la modalità dell'avere non c'è rapporto vivente tra me e quello che io ho. Questo e l'io sono divenuti cose, e io ho le cose perché ho la forza di farle mie. C'è però anche una relazione inversa: le cose hanno me; perché il mio senso di identità, vale a dire l'equilibrio mentale, si fonda sul mio avere le cose (e quante più possibile). La modalità dell'esistenza secondo l'avere non è stabilita da un processo vivo, produttivo, tra soggetto e oggetto; essa rende cose sia il soggetto che l'oggetto. Il rapporto è di morte, non di vita.
Tutto è diventato business, ogni cosa deve funzionare ed essere utilizzabile. Non esiste un sentimento di identità, esiste un vuoto interiore. non si hanno convinzioni, né scopi autentici. Il carattere mercantile è l'essere umano completamente alienato, privo di qualunque altro interesse che non sia quello di manipolare e funzionare. È proprio questo il tipo di umano conforme ai bisogni sociali. Si può dire che la maggior parte degli uomini diventano come la società desidera che essi siano per avere successo. La società fabbrica tipi umani così come fabbrica tipi di scarpe o di vestiti o di automobili: merci di cui esiste una domanda. E già da bambino l'uomo impara quale sia il tipo più richiesto.

2 commenti:

Timor ha detto...

Avere o Essere:è il problema di Narciso.
Narciso (la coscienza) si specchia ma non si riconosce e perciò brama possedere ciò che apparentemente è altro da sè.
Ma è pura apparenza, ciò che percepiamo è già nostro nella nostra coscienza e non potrebbe essere altrimenti pena l'incomprensione di ciò che è.
L'Unità della Coscienza si esprime attraverso infinite forme e attributi e punti focali di osservazione che appaiono dispiegarsi nel tempo con forme e movenze sempre differenti.
Ma siamo in Molti eppure Uno a contemplarci l'un l'altro.
Quando si capisce e si riesce a vivere questo, non si può far altro che gioire delle scoperte e della bellezza che si manifesta nel mondo, nel nostro mondo tutto attorno e dentro di noi
Abbiamo sempre creato insieme scendendo dall'Ein Sof e allora perchè cercare di possederci e invidarci?
Ognuno accetti la sua parte sapendo che nessuna parte gli è mai stata veramente negata.

Un abbraccio

Timor ha detto...

"Chi per esempio riconosca: «Io sono Brahma!» diventa questa Totalità, e neppure gli Dei potranno impedirgli di diventarlo, perché allora egli diventa anche l’atman (il Sé) degli stessi Dei. Ma chi adori una divinità diversa dal suo atman, pensando: «Quella è una cosa e io un’altra» è uno che non sa..."