"Il re prende nota di tutte le loro intenzioni,
Con mezzi che nemmeno possono immaginare"
William Shakespeare, Enrico V
E' importante sottolineare che la sorveglianza non è affatto un fenomeno inedito prima della nascita dello stato moderno. Si sono sempre raccolti i dati, si è sempre cercato di classificare, conteggiare, descrivere in maniera ordinata le informazioni relative a categorie di persone. Storicamente le popolazioni si sono servite dei censimenti per organizzarsi, darsi un ordine che servisse alla gestione dell'esercito ed alla divisione della proprietà. Una volta effettuati i conteggi e registrati i nomi e l'età dei sudditi, i sovrani potevano stabilire quanti erano gli uomini adatti al combattimento, o quanta terra toccasse ad un capofamiglia. E' dunque sempre esistito il bisogno, una necessità primaria, di un controllo sociale, strumento attraverso cui si può garantire ordine per qualsiasi forma di società.
Sembrerà paradossale, ma la sorveglianza, così come la intendiamo oggi, si è sviluppata con la nascita delle moderne democrazie. E' stata associata alla richiesta di uguaglianza del post illuminismo, ed alla volontà delle popolazioni di accedere pienamente al coinvolgimento politico che prima di allora era stato loro negato (4). Mentre le vecchie forme di sorveglianza locale, familiare e religiosa si affievoliscono, lo stato moderno acquista una centralità di funzioni che richiede la costruzione di una solida struttura organizzativa che gli sia di supporto. Un aiuto fondamentale provenne allo stato da parte dell'apparato militare. Le modalità con cui si cercò di dare all'esercito nazionale un assetto fortemente sistematico, ebbero una notevole influenza su altre organizzazioni moderne come scuole, ospedali, fabbriche, prigioni.
Proprio la nuova interpretazione che viene data ad istituzioni totali come il carcere, chiarisce quella che è una caratteristica peculiare della società moderna, soprattutto ai suoi albori: evitare il pericolo di disordini senza ricorrere all'uso della violenza coercitiva. Disobbedienti e devianti, cittadini che avevano uno stile di vita diverso da quello prevalente secondo i canoni socialmente accettati, dovevano essere esclusi, separati dal resto della popolazione. E gli ideali del tempo facevano affermare che tale segregazione non aveva una funzione punitiva, bensì quella di rendere il deviante un cittadino nuovo, migliore, completamente riformato. Anche la città moderna aveva una struttura molto funzionale rispetto alle finalità statali di mantenimento dell'ordine. I pianificatori urbani, dall'Ottocento in poi, hanno tenuto presente la funzione di controllo interno che le città potevano garantire. La pianificazione razionale perseguiva ordine e legge, sia strategicamente che architettonicamente. Stanley Cohen, nel suo Visions of social control, fa un resoconto di ciò che l'architetto Lewis Mumford affermava a proposito delle città:
L'ombra cupa della città ottimale è la macchina umana collettiva: la routine disumanizzata e la soppressione dell'autonomia, prima imposte dal monarca dispotico e dall'esercito, adesso sono la macchina invisibile dello stato tecnocratico moderno...Mumford ci ha spiegato che l'ideale utopico del controllo totale dall'alto e dell'obbedienza assoluta dal basso non era mai scomparso del tutto, ma si era riorganizzato in forma diversa dopo che era stata sconfitta la regalità per diritto divino.
Lo studioso che ha fatto del rapporto tra potere e sorveglianza il suo punto d'osservazione centrale è Michel Foucault. I suoi scritti cercano di portare l'attenzione su tutti quei meccanismi, quelle istanze, che assoggettano l'uomo, siano esse apparati di controllo rigidi, siano esse norme sociali non codificate che riguardino la sfera sessuale. La migliore analisi di questi rapporti di potere si trova in Sorvegliare e Punire, opera del 1975, in cui Foucault, ripercorrendo le fasi storiche che hanno portato alla nascita della prigione, analizza anche le diverse fasi di cambiamento del potere. Nella teorizzazione di Weber il controllo e la pianificazione dei comportamenti erano considerati il prerequisito di ogni organizzazione votata all'efficienza, e costituivano la base teorica dell'intuizione fordista, secondo la quale è attraverso l'organizzazione scientifica dei ritmi e delle funzioni del lavoro che si ottimizza la produzione e si aumentano i profitti. Michel Foucault spiega invece quale sia il ruolo della sorveglianza nell'induzione al conformismo e all'autodisciplina, descrivendo le dinamiche del controllo negli orfanotrofi e nell'esercito, così come nella fabbrica e nelle prigioni, esponendo le sue conclusioni nella sua famosa teorizzazione della «disciplina del corpo docile». Il punto di partenza, per il filosofo francese, è che il potere tende ad essere esercitato sui corpi. Il potere non lo si possiede, il potere si esercita. Come per Weber, anche per Foucault il potere è in correlazione diretta con il sapere. E' infatti sulla conoscenza che si fondano tutti i meccanismi che permettono di mantenere il controllo. Per Foucault la filosofia del controllo è il paradigma attraverso cui vengono elaborati i codici e i concetti attraverso cui ogni società definisce se stessa mediante il principio dell'esclusione. Nel suo scritto, per portare alla luce la situazione attuale della società, egli focalizza l'attenzione sui cambiamenti avvenuti in ambito criminale, partendo dall'applicazione della pena sotto forma di supplizio. Fino all'inizio del diciottesimo secolo, infatti, la punizione per i reati era pubblica, avveniva in piazza. Erano punizioni spettacolari. Esse avevano il duplice compito di punire il reo, il che fungeva da vendetta della società sul deviante, ma soprattutto quello di rivolgersi a tutta quella popolazione che non aveva commesso reati. In questi riti punitivi andava ad esercitarsi tutta la dinamica del potere. Di un potere che non solamente palesa il suo esercitarsi direttamente sul corpo, ma che si esalta e si rinforza nelle sue manifestazioni fisiche: un potere che in mancanza di una sorveglianza ininterrotta, cerca il rinnovamento del proprio effetto nello splendore di manifestazioni eccezionali, rinforzandosi attraverso l'esaltazione dei propri rituali. Ma questo meccanismo porta con sé anche dei grandi svantaggi. La massa della popolazione chiamata in piazza a partecipare al supplizio, non sempre s'identifica con il potere: spesso essa partecipa alla sofferenza pubblica del condannato in quanto uomo del popolo. Ecco il perché di un'enorme riforma in ambito criminale, riforma che investe sia l'ambito politico che quello penale:
Che le pene siano moderate e proporzionate ai delitti, che quella di morte non sia più pronunciata che contro i colpevoli di assassinio, e che i supplizi che rivoltano l'umanità siano aboliti.
In questo processo di riconsiderazione del diritto penale, la prigione diviene il luogo di espiazione della propria pena. La sua applicazione non ha più funzione punitiva, ma diviene il modo in cui il reo può essere rieducato. L'opera dei riformatori reca con sé anche il cambiamento della prevenzione del crimine. Le grandi bande sono smantellate, e si cerca di isolare dalla popolazione tutta quella parte di delinquenza che era al suo interno creando un'altra popolazione composta di devianti. La ragione è concepita come modello strumentale dell'operare in vista di un fine e come criterio di efficienza produttiva. Tale concetto di razionalità è fondato sulla scissione tra ragione e follia, dove quest'ultima appare come priva di efficienza produttiva. Ecco perché è in questo periodo che si assiste alla nascita dei manicomi, che non sono altro che istituzioni pubbliche per la rimozione ed il controllo della devianza, orientate alla normalizzazione, ovvero all'integrazione dei diversi nel sistema della ragione produttiva. Questa nuova specie di controllo penale punitivo degli individui, svolto in base alle loro potenzialità criminali, non può essere eseguito dalla giustizia stessa, ma da una serie di altri poteri collaterali, al margine della giustizia: la polizia e tutta una rete di poteri di sorveglianza e di correzione. Le forze di polizia sono orientate alla sorveglianza, le istituzioni psicologiche, psichiatriche, criminologiche, mediche e pedagogiche operano invece in funzione della correzione. E' così che, nel diciannovesimo secolo, si sviluppa, intorno all'istituzione giudiziaria, una gigantesca serie di istituzioni che vanno a inquadrare gli individui per tutto il corso della loro esistenza. Esse permettono al potere giudiziario di assumere la funzione di controllo degli individui in base alla loro pericolosità: si tratta di istituzioni pedagogiche, come la scuola, ma anche psicologiche o psichiatriche come i manicomi. Tutta questa rete di potere che non fa parte dell'apparato giudiziario, deve assolvere ad una delle funzioni che lo stato considera primaria in questo momento: non più quella di punire le infrazioni degli individui, i loro errori, i reati commessi, bensì quella di correggere le loro devianze, ed i potenziali rischi connessi alla difformità delle loro caratteristiche personali. Entriamo così in quella che Foucault chiama l'epoca dell'ortopedia sociale. Si tratta di una forma di potere, di un tipo di società che il filosofo definisce società disciplinare, in contrapposizione alle società propriamente penali che si conoscevano prima. E' l'epoca del controllo sociale. Viene creato un efficace apparato di polizia che ha il compito di monitorare ogni aspetto della vita dei cittadini. Come rileva Foucault, il riordino del diritto criminale deve essere letto come una strategia per il riassetto del potere di punire, secondo modalità che lo rendano più regolare, più efficace, più costante e meglio dettagliato nei suoi effetti. Si afferma un potere che va ad esercitarsi in maniera capillare su ogni singolo aspetto della vita. Con l'avvento della società capitalistica tutta la serie di illegalità tollerate viene meno, perché il potere deve preservare l'economia. Si fa strada quella che Foucault definisce come "teoria del contratto" : si presuppone che il cittadino abbia accettato le leggi imposte dal vivere in società, anche quelle che lo puniscono. Il criminale diventa dunque il nemico comune, colui che ha violato un patto, compromettendo il bene collettivo. Ha commesso un male contro l'intera società, ed è per questo motivo che si rende necessaria la creazione di un apparato di polizia che non solo vigili e punisca i colpevoli, ma abbia anche il compito di prevenire il crimine. Polizia e carcere sono istituzioni che soddisfano entrambe quest'ultimo punto. Nel carcere abbiamo la formazione di un sapere sull'individuo grazie ad un continuo monitoraggio sulla sua persona. Il sapere che si crea nei suoi confronti ha lo scopo di delineare la pericolosità sociale dell'individuo, come, ad esempio, la sua propensione alla commissione di reati. Ma Foucault concentra il suo sguardo soprattutto sui cambiamenti che, contemporaneamente a questa riforma del diritto criminale, avvengono all'interno della società. In analogia alla prigione si creano una serie di apparati che hanno come scopo quello di incasellare l'individuo dentro le maglie di un sistema già dato, un sistema che continua a riprodurre se stesso ed i suoi meccanismi. Si va a creare una struttura di potere che non viene più visto come potere di pochi su una moltitudine, ma come reazione immediata di tutti nei riguardi di ciascuno. Analizzando gli strumenti attraverso cui viene esercitato questo controllo capillare della società, entrano in gioco quelle che Foucault definisce come discipline, ovvero tutte quelle pratiche che cercano di assoggettare il corpo dell'uomo. Viene messo in atto un controllo minuzioso dei suoi movimenti. E queste discipline si differenziano dal passato perché non sono semplici rapporti di sottomissione, come un tempo accadeva nel rapporto tra sudditi e sovrano. Esse sono forze che agiscono sul corpo, sezionandolo, fornendogli un'attitudine ed una capacità. Le discipline agiscono sullo spazio restringendo il campo d'azione del corpo, incasellandolo in un luogo. Nelle scuole militari, ma anche negli ospedali, nelle scuole, nelle fabbriche, ogni corpo ha una ed una sola funzione. Si tratta di luoghi in cui esistono regole di comportamento diverse da quelle della società, regole che agiscono costantemente, in maniera da assoggettare completamente l'individuo. Il principio di sorveglianza di cui parlava Marx, esplicato solo all'interno delle mura della fabbrica, va ad applicarsi a tutti i settori della società. Il potere ha bisogno di conoscere in ogni istante il posto in cui si trova l'individuo, la sua mansione, il suo ruolo all'interno della società comune. Fondamento delle discipline è che l'unità che tiene insieme i soggetti non è il luogo che si occupa, ma il rango, lo status, che un individuo occupa in relazione agli altri. Quello che tiene unite le discipline è un sistema di differenze e scarti. Come scrive Foucault:
La prima fra le grandi operazioni della disciplina è dunque la costituzione di "quadri viventi" che trasformino le moltitudini confuse, inutili o pericolose in molteplicità ordinate.
L'esercizio del potere disciplinare serve, in pratica, ad addestrare la massa della popolazione. Il suo successo deriva dall'applicazione di determinati dispositivi, detti, appunto, di potere. Questi ultimi sono meccanismi tanto più efficaci in quanto entrano, in modo latente, nell'intimo della fisiologia e della psicologia dell'individuo. Foucault ha avuto il merito di promuovere una serie di ricerche su questi meccanismi, che includono strategie e tecniche di controllo sociale prodotte dalla logica di assoggettamento. Egli analizza le forme concrete dei criteri usati per i censimenti demografici e nella raccolta dei dati statistici, ma anche il funzionamento degli apparati scolastici, le diagnosi cliniche, le procedure indiziarie della polizia. Giunge alla conclusione che il successo del potere disciplinare in tutte queste strutture deriva senza dubbio dall'avere in comune l'uso di strumenti di semplice applicazione e sicura efficacia. Egli ne individua essenzialmente tre: il controllo gerarchico, la sanzione normalizzatrice e la loro combinazione in una procedura che gli è specifica, l'esame.
Il controllo gerarchico lo si costituisce creando spazi di visibilità completa, in modo che nulla sia lasciato al caso. Fabbriche, strade, piazze, ospedali, e tutte le opere architettoniche in generale sono costruite in maniera tale da avere sempre la possibilità di vedere tutti i corpi. È sempre l'occhio la tecnologia, ma rispetto al passato subisce un'importante modifica. Il controllo e la sorveglianza, come avviene per la fabbrica, vengono effettuati da agenti predisposti a questo compito, sono corpi che controllano altri corpi in base a differenze di rango. In questo contesto si crea una rete di relazioni che attraversa tutti i corpi, in cui anche tutti i sorveglianti sono sorvegliati. Anche se c'è un capo, è tutta l'organizzazione piramidale a produrre potere. È la stessa rete di relazioni che diventa tecnologia di controllo.
Il secondo strumento di cui si serve il potere disciplinare è la sanzione normalizzatrice. All'interno di ogni luogo si creano delle regole, delle proprie, specifiche leggi. Le discipline hanno appunto la caratteristica di riempire lo spazio lasciato vuoto dalle leggi codificate. Esse vanno a reprimere o a qualificare una serie di comportamenti. In questo contesto agisce un doppio meccanismo che è quello della sanzione-gratificazione, in maniera tale da poter addestrare completamente i corpi. Grazie a questo metodo si crea una differenziazione dei corpi in buoni o cattivi, giusti e sbagliati. Le dicotomie divengono fondamentali in un meccanismo di questo tipo. Si creano così scale di valore degli individui, che funzionano non tanto in base alle loro personali capacità, ma in base al loro grado di assoggettamento all'ordine, in base al grado di normalizzazione che il corpo ottiene.
Il terzo strumento di cui si serve il potere disciplinare è l'esame. Quest'ultimo è fondamentale, poiché coniuga in sé le tecniche della gerarchia che sorveglia e quelle della sanzione che normalizza. È un tipo di sorveglianza che permette al potere di classificare i corpi. L'esame fa in modo che i corpi vadano a trasformarsi in oggetti, in numeri, in casi: ad ognuno di essi viene dato un punteggio. Si crea così una documentazione scritta su ogni corpo, documentazione che ha la duplice funzione di costituire l'individuo come oggetto descrivibile e, al tempo stesso, comparabile con gli altri. Così facendo la vita di un individuo viene incasellata in spazi determinati, descritta minuziosamente, per poi poter essere riutilizzata in futuro. La descrizione diventa un vero e proprio mezzo di assoggettamento. Nell'esame troviamo la manifestazione completa che lega sapere e potere. L'uomo diventa calcolabile in tutti i suoi aspetti. L'esame è al centro di procedure che costituiscono l'individuo come oggetto ed effetto del potere, oggetto ed effetto del sapere: l'obiettivo è quello di fabbricare l'individualità cellulare. L'individuo è senza dubbio l'atomo fittizio di una rappresentazione ideologica della società, ma è anche una realtà fabbricata da quella tecnologia specifica del potere che si chiama disciplina.
Foucault osserva la progressiva espansione di questi dispositivi disciplinari e dei loro effetti sociali. Gradualmente la società sembra avere sempre meno bisogno di rinchiudere le persone, in quanto possiede questi meccanismi che le permettono di permeare ogni singolo aspetto del vivere quotidiano. La società disciplinare ha la caratteristica di non avere bisogno di incasellare gli individui in spazi chiusi. Le discipline omogeneizzano, rendono tutti uguali. In questo contesto la disciplina stessa non va a configurarsi come un'istituzione o come un apparato, ma come un meccanismo per esercitare il potere. È la disciplina, con tutti gli strumenti che reca, la tecnologia del controllo della società in evoluzione. Foucault non conclude qui la sua analisi delle società disciplinari, poiché vuole porre ulteriormente l'accento sulle strutture di applicazione del potere. L'esercizio della disciplina così applicata, infatti, non può prescindere, secondo il filosofo, da un apparato in cui le tecniche che permettono di vedere inducano effetti di potere, e dove, in cambio, i mezzi di coercizione rendano chiaramente visibili coloro sui quali si applicano. Questi apparati, secondo Foucault, hanno un modello quasi ideale: il campo militare. Nel campo perfetto, tutto il potere viene esercitato col solo gioco di una sorveglianza precisa, e ogni sguardo sarà una tessera nel funzionamento globale del potere. Il campo è il diagramma di un potere che agisce per mezzo di una visibilità generale. Nell'urbanistica, nella costruzione di città operaie, di ospedali, di ospizi, di prigioni, di case l'educazione, ritorna spesso questo modello di campo, o almeno il principio che lo sottende: l'incastrarsi spaziale delle sorveglianze gerarchizzate. Va allora sviluppandosi una problematica tutta nuova: quella di un'architettura che non è più fatta semplicemente per essere vista (fasto dei palazzi che richiama potere e ricchezza dei proprietari), o per sorvegliare lo spazio esterno (geometria delle fortezze), ma per permettere un controllo interno, articolato e dettagliato, per rendere visibili coloro che vi si trovano. Più in generale, quella di un'architettura che sarebbe divenuta un operatore nella trasformazione degli individui. I suoi obiettivi divengono quelli di agire su coloro che essa ospita, condizionare la loro condotta, ricondurre fino a loro gli effetti del potere, renderli suscettibili di un'approfondita conoscenza, modificarli. Foucault afferma che le pietre possono rendere docili e conoscibili, attraverso l'oggettivazione progressiva e l'incasellamento sempre più minuto dei comportamenti individuali. L'apparato disciplinare perfetto avrebbe permesso, con un solo sguardo, di vedere tutto, in permanenza. L'architettura, dunque, come già è evidente nella città-stato feudale, è fondamentale all'esercizio del potere, soprattutto in una società di più complesso livello organizzativo. Foucault afferma che, fra le ragioni del prestigio accordato nella seconda metà del Settecento alle architetture circolari, bisogna senza dubbio includere questa: esse esprimevano una certa utopia politica. E' lo stesso principio che sottende alla costruzione dei grandi opifici e delle fabbriche: specificare la sorveglianza e renderla funzionale. La sorveglianza del luogo di lavoro capitalistico è un esempio della crescita della società disciplinare. Potere e conoscenza sono saldamente intrecciati tra loro. L'architettura della fabbrica dimostra che lo scopo era rendere sempre visibili gli operai ai loro supervisori, e dunque a loro assoggettati. Non ci sono più ispettori esterni che sono incaricati di far rispettare il regolamento. Ora il controllo è intenso e continuo: corre lungo tutto il processo di lavorazione. Non verte solo sulla produzione ma su tutta l'attività degli uomini, il loro savoir faire, la loro prontezza, lo zelo, il comportamento individuale. Più l'apparato di produzione diviene complesso e importante, più i compiti di controllo divengono necessari e difficili. Sorvegliare diventa allora una funzione precisa, parte integrante del processo di produzione: lo deve doppiare in tutta la sua lunghezza. Dal punto di vista dei proprietari, la sorveglianza diviene un operatore economico decisivo, nella misura in cui essa è insieme un elemento interno dell'apparato di produzione ed un ingranaggio specifico del potere disciplinare. La sorveglianza gerarchizzata, continua e funzionale non è una delle grandi invenzioni del diciottesimo secolo, ma la sua estensione deve l'importanza che le è propria in questo periodo ai nuovi meccanismi di potere che porta con sé. Essa si organizza come potere multiplo, automatico ed anonimo: la sorveglianza riposa su degli individui, ma il suo funzionamento è quello di una rete di relazioni sia dall'alto al basso, che dal basso verso l'alto, nonché collaterali. Questa rete fa in modo che l'insieme di relazioni rimanga compatto, e lo attraversa integralmente, con effetti di potere che si poggiano gli uni sugli altri: i sorveglianti sono perpetuamente sorvegliati. Il potere disciplinare in questo modo è assolutamente indiscreto, dappertutto e sempre all'erta. Ma è anche discreto, perché funziona in permanenza ed in gran parte in silenzio. Potere che in apparenza è tanto meno corporale, quanto più è sapientemente fisico. Per molto tempo, in passato, l'individualità qualunque, quella di chi sta in basso, è rimasta al di sotto della soglia di descrizione. Essere guardato, osservato, descritto in dettaglio, seguito giorno per giorno da una scritturazione, un tempo costituiva un privilegio dei grandi. La cronaca di un uomo, la sua vita quotidiana accuratamente descritta, facevano parte dei rituali della sua potenza. Ma con l'avvento della società disciplinare questo meccanismo viene capovolto. E la nuova applicazione della descrivibilità è tanto più marcata quanto più è stretto l'inquadramento disciplinare: il bambino, il malato, il pazzo, il condannato, diverranno sempre più frequentemente, a partire dal settecento, oggetto di descrizioni individuali e relazioni biografiche. Si tratta di un processo di assoggettamento ed oggettivazione. E' la stessa cosa che avvenne riguardo alla nascita ed allo sviluppo del concetto di privacy: nel 1890 era l'élite alto borghese a desiderare una minore attenzione nei suoi confronti, poiché i giornali si occupavano solo delle vicende di una certa classe di gente, quella più in vista. Mentre oggi è il singolo cittadino a preoccuparsi della sua riservatezza, poiché è proprio l'individuo semplice ad essere più facilmente oggetto di dettagliata sorveglianza e di frequenti controlli.
L'architettura panottica: la casa d'ispezione di Jeremy Bentham
Durante i suoi studi sulle origini della medicina clinica, Michel Foucault analizza l'architettura ospedaliera del Diciottesimo secolo. L'obiettivo di questi studi era quello di scoprire come lo sguardo medico si fosse istituzionalizzato, dando vita ad una nuova forma di costruzione ospedaliera, nella quale la visibilità dei corpi sotto un unico sguardo centralizzato era divenuto il principio conduttore. Passando al problema della penalità, Foucault apprese che tutti i grandi progetti di ristrutturazione delle prigioni del Diciannovesimo secolo riprendevano lo stesso tema ma, stavolta, sotto il segno rievocativo di Jeremy Bentham. Quest'ultimo, nel 1791, aveva fatto pubblicare un testo in cui, attraverso una dettagliata descrizione di tecniche ed obiettivi, delineava quella che doveva divenire, a suo parere, la più importante e rivoluzionaria architettura di sorveglianza mai inventata. Il testo, intitolato Panopticon, ovvero la casa d'ispezione, è sotto forma epistolare: le lettere sono indirizzate da Bentham ad un destinatario fittizio, al quale il progetto panottico è esposto senza timori di prolissità. In realtà, e l'autore non cercò mai di nasconderlo, il vero ideatore dell'architettura panottica non fu Jeremy Bentham, ma suo fratello: quest'ultimo era stato presso la Scuola militare di Parigi, istituita nel 1751, nella quale alcuni dei principi di visibilità ripresi nel Panopticon erano stati già applicati. Jeremy Bentham, però, ebbe il merito di credere fortemente in quell'idea, di sostenerla per tutta la vita, proclamando che non si trattava di un'invenzione destinata a risolvere un problema specifico, bensì tutti i problemi esistenti relativi alla sorveglianza. E, soprattutto, le diede un nome, Panopticon, che racchiude in sé il principio che lo sottende: il controllo globale e la sorveglianza ininterrotta, finalizzati all'esercizio di un potere immediato e totalizzante.
Bentham pensava di migliorare, con un'organizzazione razionale dello spazio, le condizioni di vita di un'umanità abbruttita che esisteva in luoghi di reclusione subumani. Ma il suo Panopticon, nel senso stretto del termine, non fu mai realizzato. Il panottismo, invece, inteso come principio di sorveglianza centrale, iniziò negli anni seguenti alla sua pubblicazione e diffusione, a modificare il sistema carcerario e l'architettura penitenziaria. Nella concettualizzazione benthamiana del Panopticon la trasparenza del soggetto sotto osservazione ne garantisce il rispetto verso un sistema di regole basato sulla proiezione individuale del timore della punizione conseguente alla loro infrazione. L'alleanza tra il potere e le tecniche di controllo e manipolazione tentarono incessantemente di ricreare le condizioni del Panopticon. La modernità è anche la storia dei totalitarismi che realizzarono il dominio attraverso la prerogativa di osservare, non visti, i più reconditi dettagli delle vite dei loro governati. Con il tempo, tecnologie sempre più sofisticate hanno semplificato un tale delirio di onnipotenza. I contorni del Panopticon, con il passare del tempo, cominciarono a perdere la propria consistenza architettonica per ricomparire negli ambiti della realtà virtuale dei nuovi mezzi di comunicazione ed informazione. Le stesse tecnologie, specialmente dopo l'avvento di Internet, hanno reso attuale un grado di interattività fino a poco tempo fa inconcepibile. Nello stesso tempo, la possibilità di incrociare i dati informatici provenienti da più banche dati, pare realizzare una volta per tutte un incubo in vero e proprio stile orwelliano.
La sociologia ha un grosso debito con Foucault, per questa sua teoria sulla sorveglianza, secondo la quale due sono gli aspetti della forza: l'accumulazione di informazioni e la supervisione diretta dei subordinati. La prima la troviamo nei dossier dettagliati su ogni detenuto, la seconda nel potenziale architettonico del Panopticon stesso. Anthony Giddens, riconoscendo l'altissimo contributo di Foucault, afferma come nell'era moderna il potere disciplinare sia caratterizzato da nuove modalità per regolarizzare le attività spazio temporali: ed in questo processo l'osservazione è un mezzo cruciale. Foucault, nel 1975, concludeva il suo saggio sostenendo che non ci si può stupire del fatto che la prigione, con i suoi tempi scanditi e gli spazi perimetrali, sia diventata un modello di penalità moderna applicabile anche ad altri settori: quello che per Bentham era un'aspirazione, per Foucault diventa una realtà sociale direttamente osservabile. Il principio panottico ha ispirato e continua ad ispirare diverse istituzioni contemporanee. Quello che piuttosto ci si dovrebbe chiedere è se la sorveglianza elettronica, con la sua tendenza ad incasellare l'individuo in database informatici e la sua capacità di invadere qualsiasi campo, possa essere assimilata al potere panottico.
I mezzi attraverso cui le informazioni sulle nostre transazioni private vengono quotidianamente monitorate ed analizzate sono molteplici. L'utilizzo di sistemi informatici, sia da casa che dal luogo di lavoro, è ormai una realtà acquisita, che poche strutture ancora non possiedono. Le connessioni in rete, poi, sono sempre più frequenti. Anche se gli abbonamenti privati alle società telefoniche che forniscono il collegamento non sono moltissimi, si naviga attraverso il Web attraverso gli Internet Point diffusi in ogni città. Ma il monitoraggio non avviene soltanto attraverso i fili degli impianti di telecomunicazione. Esistono gli altrettanto potenti e versatili Intelligent Transportation Systems (ITS): caselli autostradali, videocamere installate sul territorio, sistemi GPS e dispositivi di identificazione di frequenze radio. Nati con l'intento di migliorare la vita del cittadino e di offrirgli nuovi servizi, questi sistemi sono affetti da un'inadeguata protezione della privacy, dovuta alla memorizzazione nei database delle agenzie di tutte le informazioni inerenti la locazione spaziale e temporale di individui o cose.
Le leggi in materia affermano esplicitamente che le informazioni raccolte potranno essere utilizzate per scopi diversi da quelli per cui gli ITS sono nati, ma non vengono specificate né le procedure adottate per il monitoraggio né come difendersi da un uso improprio dei dati raccolti. Di fatto, quindi, gli individui non sono in grado di difendersi da un uso distorto di questi sistemi. Ci si deve domandare quindi che fine potrebbero fare i dati personali raccolti nei database degli ITS dato che sicuramente, alcune organizzazioni disposte a pagare profumatamente queste informazioni, proporranno usi alternativi, che possono andare da fini legali a quelli di marketing, a chissà quali altri abusi. Un dato importante su cui riflettere è poi l'effetto di coercizione psicologica che le tecnologie ITS possono indurre nella mente del singolo conducente o dell'impiegato che sa di essere monitorato in ogni istante dal suo datore di lavoro o dalle forze dell'ordine.
In conclusione una massima: "Internet è sicura come un negozio di Los Angeles Est il sabato sera" (Jonathan Littman, The fugitive game)... Ma questa non è una novità!
FONTE ED APPROFONDIMENTI:
http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/control/surace/cap1.htm#7